Close

Riflessione di don Antonino Favata, cappellano dell’ospedale di Mazara sull’emergenza Coronavirus

Nella Cappella dell’ospedale si continuerà a pregare senza partecipazione fisica dei fedeli: le lodi mattutine e la Santa Messa saranno trasmesse ogni giorno via Facebook dalle 9,00 in poi

Carissimi amici seguiamo da diversi giorni, con molta attenzione ma anche con trepidazione, il continuo aggiornamento – sia da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute, del Presidente della Regione Siciliana, del nostro Sindaco e, contestualmente, anche dalla Conferenza Episcopale Italiana e dal nostro Vescovo Domenico -, delle disposizioni volte ad arginare l’infezione da Coronavirus che si sta dilagando, di giorno in giorno, anche nel nostro Paese.

Non vi nascondo che vivo con grande stupore, a livello personale, l’evolversi di questa situazione: in una società sviluppata ed emancipata, dove non esistono più (almeno così ci illudiamo che sia!) distanze e confini, e il mondo è sempre più un villaggio globale (segnato inevitabilmente dal bene e dal male!), improvvisamente (fino a quando non avremo notizie più approfondite e circostanziate!) un virus sta mettendo seriamente in pericolo la vita di tutti gli uomini e le donne in ogni angolo del pianeta e – a mio modesto parere -, ci sta ricordando con grande limpidezza e chiarezza, un po’ di cose:

  1. ci ricorda che la vita di ciascuno è un dono inestimabile da non sciupare; che il tempo che abbiamo è un’opportunità magnifica per fare del bene; che la salute è un bene prezioso da custodire e di cui dobbiamo esserne grati; che il lavoro è un impegno quotidiano da sfruttare con diligenza e responsabilità;
  2. questa afflizione ci ricorda ancora che non è giusto tirare a campare, con leggerezza e menefreghismo, incuranti di comportamenti che, a volte, danneggiano e creano dolore alla collettività; che non possiamo egoisticamente ignorare come tante sofferenze fisiche e sociali sono causate dall’ingordigia del denaro e del potere; che l’indifferenza, le liti, i rancori, le guerre – piccole o grandi / lontane o vicine che siano – portano tutti alla distruzione e alla dissoluzione; che lo sfruttamento della terra e, ancora peggio, delle persone genera – in noi e attorno a noi – inquietudine e ci appanna il gusto del bello; che dobbiamo ritornare, sinceramente ed urgentemente, con gli occhi gonfi di lacrime, a prenderci cura e a custodirci reciprocamente;
  3. ci ricorda anche come i ritmi quotidiani che segnano le nostre giornate, ovvero dalla fornitura degli alimenti al decoro delle nostre città, dall’andamento della scuola ed delle università alle attività ricreative e culturali, dal funzionamento dei presidi ospedalieri agli interscambi lavorativi e professionali, se tutto questo si ferma, andiamo in tilt: c’è una catena che si rompe e può causare danni enormi.

Mi chiedo però: c’è qualcos’altro, in linea di massima, che sta sfuggendo a quest’analisi… apparentemente esaustiva? C’è un vuoto in noi che stiamo sottovalutando e tralasciando? C’è una dimensione, presi dalla paura di oggi o dall’affanno di ogni giorno, a cui stiamo soprassedendo? La risposta è: si, c’è un vuoto e non è del tutto marginale o secondario, carissimi amici: è un vuoto di spiritualità, un vuoto di Dio, un vuoto di eternità che attanaglia la nostra vita, di adulti innanzitutto e poi anche, a ricaduta, di giovani e bambini, e la tiene, ormai da troppo tempo, prigioniera in un’agonia senza fine! Con le gravi conseguenze che tutto questo porta con se sia a livello sociale che familiare: basta guardarci intorno… non stiamo vivendo una vita felice, soddisfatta, appagata, piena! Viviamo a metà! C’è un inquietudine interiore che ci logora e che spesso conosciamo solo noi.

Quello che ci sta accadendo, lungi da pericolose interpretazioni punitive da parte di Dio (qualcuno, ahimè, osa farlo anche all’interno della Chiesa stessa!), – Dio, che è Padre buono e compassionevole, non punisce, non castiga, ma ama, vede, ascolta, soffre e ci attende pazientemente -, deve sollecitare tutti a fare un profondo ed accurato esame di coscienza personale alla luce della Parola di Dio. “Ritornate a me con tutto il cuore”, abbiamo ascoltato il mercoledì delle ceneri, all’inizio della Quaresima. Questa calamità che, – grazie al lavoro operoso ed ininterrotto di medici, infermieri e operatori sanitari, a cui va la nostra affettuosa e sincera gratitudine -, si sta affrontando, deve portarci tutti dinanzi a Dio. E non a caso sono davanti al Crocifisso, a Gesù, vero Dio e vero uomo, che ha offerto la sua vita per la salvezza nostra e del mondo intero: invito tutti, in queste settimane in cui sono state sospese le celebrazioni comunitarie nelle nostre chiese – con grande sofferenza spirituale dei pastori e di molti fedeli -, a contemplarlo e a pregarlo ogni giorno. Mettiamo il Crocifisso in un posto visibile della nostra casa. Tutti possiamo pregare da casa, e dobbiamo farlo con fiducia: è un’occasione bellissima, carissimi amici, per riscoprire, genitori – figli – nonni, che la prima chiesa in verità è la famiglia, il nucleo familiare, piccola Chiesa: la fede dovrebbe essere appresa, dovrebbe crescere e alimentarsi nelle nostre famiglie. Così era in passato e così deve tornare ad essere.

Siamo invitati a stare a casa, ad evitare di uscire, se non per reali necessità: guardiamoci in faccia e, senza vergogna, iniziamo a pregare… insieme: preghiamo il Santo Rosario alla Madonna, che è la preghiera dei semplici: ogni Ave Maria che ripetiamo è una rosa che offriamo a Colei che, come Madre, intercede per noi presso il suo figlio Gesù.

Non è un caso, secondo me, che questa epidemia stia segnando il tempo liturgico della Quaresima, quaranta giorni verso la celebrazione della Pasqua, ovvero Gesù che, dopo la passione e la morte, risorge: “Io ero morto (…per te!), ma ora vivo per sempre” (…e voglio aiutare te a ritornare a vivere!).

Questo tempo di penitenza e di conversione – ovvero di cambiamento personale – , segnato anche dalla pratica salutare del digiuno, ovvero scelgo liberamente di privarmi di tutto ciò che non serve, che non mi serve, e di recuperare ciò che è importante, salutare e che invece ho tralasciato per leggerezza -, ha lo scopo di tornarci a farci vivere davvero; è questo il momento favorevole per riscoprire la bellezza di Dio e di essere suoi figli.

La tecnologia – ovvero l’uso abbondante di telefonini, di Facebook, di whatsapp, ed altro ancora -, che segna, nel bene o nel male, questo nostro tempo, ci permette di avere tutto a portata di mano, anche gli strumenti spirituali: possiamo scaricare l’applicazione del Rosario, della Bibbia, della Liturgia delle Ore, delle letture della Messa di ogni giorno, della Via Crucis: nessuno si lasci prendere dallo scoraggiamento e dallo sconforto. Questo è il tempo dell’impegno… del mio impegno assiduo ed operoso. Proprio in questo momento di privazione siamo chiamati a dare prova della maturità della nostra fede personale e della fede delle nostre comunità. Noi pastori vi siamo spiritualmente ed affettivamente vicini e preghiamo per voi e con voi.

Come per ogni giorno, nella nostra Cappella dell’ospedale si continuerà a pregare senza partecipazione fisica dei fedeli: le lodi mattutine e la Santa Messa saranno trasmesse ogni giorno via Facebook dalle 9,00 in poi.

E non potendo accostarvi alla Santa Comunione, spiritualmente la riceverete per desiderio: la cosiddetta “Comunione spirituale”; questa modalità è in uso in tante parti del mondo sopratutto per la mancanza di sacerdoti o li dove i cristiani sono perseguitati.

Questa privazione, temporanea ed eccezionale, deve accrescere in tutti noi, sacerdoti e fedeli, la consapevolezza che Gesù Eucarestia è il pane degli Angeli, il cibo che ci da forza, il farmaco dell’immortalità, che alimenta la nostra speranza in un domani più sereno e in un futuro felice con Dio e tra di noi.

La vergine Maria, Regina del Paradiso e salute degli infermi; San Vito martire, nostro patrono; i santi medici e tutti i santi delle chiese di Sicilia intercedano per noi. Amen.

Un abbraccio a tutti voi.

Comunicato stampa

scroll to top